Crisi di Governo, la nazione intera in balia dei capricci di Mattarella. Se Conte lasciasse la maggioranza Mattarella ha fatto sapere che non intende assolutamente indire elezioni anticipate

Dagoreport tratto da Dagospia

Si fa presto a dire “crisi di governo”. Tutti cianciano, inveiscono, mostrano i muscoli ma si rifiutano di fare i conti con il vertice del Sistema, il Quirinale, che sulle fibrillazioni dell’esecutivo ha sempre l’ultima parola. Cosa farà Mattarella, se il M5s dovesse uscire dalla maggioranza?

Sul Colle più alto ancora masticano amaro per la risposta da coatto romano che Draghi ha dato ai giornalisti che gli chiedevano se fosse disponibile a una verifica di maggioranza in caso di mattane dei Cinquestelle: “Lo chieda al presidente Mattarella”.

Nelle stanze damascate del Quirinale la sortita da guascone un po’ fregnone non è stata apprezzata. Ancor meno l’altra uscita tranchant di Mariopio: “Ho già detto che per me non c’è un governo senza M5s e non c’è un governo Draghi altro che l’attuale”.

Dichiarazioni incaute di un tecnico che non maneggia la politica e i suoi equilibri; e infatti gli “addetti ai livori” sostengono che Mariopio si sia già pentito di quelle frasi…

D’altronde non si può mai essere troppo assertivi o perentori in politica: lo scenario cambia continuamente e la prudenza è una necessaria virtù di sopravvivenza. Soprattutto ora, in piena emergenza inflazionistica, energetica, idrica, pandemica e economica.

Mattarella ha un suo disegno chiaro: vorrebbe portare il Paese al voto il 21 maggio 2023, al termine naturale della legislatura, lasciando l’incombenza delle nomine nelle partecipate al nuovo governo e tenendo Draghi a palazzo Chigi fino all’inizio della prossima estate. Questo scenario, minacciato dall’insofferenza dei grillini e dall’intransigenza di Draghi, potrebbe andare a ramengo già domani, in caso di astensione del M5s dal voto di fiducia sul Decreto aiuti.

E qui s’attiva il freno d’emergenza del Quirinale. La Mummia sicula è contrarissima all’ipotesi che Draghi si dimetta e torni nel buen retiro di Città della Pieve. L’ha anche fatto presente in uno degli ultimi incontri: “Caro Mario, bisogna arrivare alle elezioni in modo ordinato facendo quel che è possibile, a partire dalle scadenza previste dal Pnrr”.

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Ma se Conte e le sue falangi di grilloidi dovessero infilare una mina sotto le chiappe del governo, Mattarella si assumerà la responsabilità di tenere Draghi a palazzo Chigi, chiedendogli uno sforzo di buona volontà, un sacrificio istituzionale. Tanto i numeri per una nuova maggioranza senza quel che resta del M5s, dopo la scissione guidata da Di Maio, ci sono già.

Certo, ci sarebbe l’enigma Salvini.

Esondante e fibrillante, il Capitone si è rimesso la felpa da guastatore. Chiede al governo un intervento da 50 miliardi (e i soldi chi li mette, Pappagone?), alza la cresta, inveisce contro il Pd e ha pure colto la palla al balzo per tornare alle urne: “Senza i 5 stelle non ci sarà un altro Governo. Se i 5 stelle faranno una scelta parola agli italiani”.

Se il draghiano Giorgetti è ormai sull’orlo di una crisi di nervi per le fanfaronate di Salvini, a dare una schicchera alla recchia del segretario della Lega ci ha pensato Luca Zaia.

Il governatore del Veneto ha espresso la posizione dell’ala moderata del Carroccio, consegnando a Salvini un chiaro mandato a non rompere il cazzo a Draghi: “In questo momento particolare c’è bisogno di un governo per prendere decisioni strategiche. Io spero che non ci siano motivi perché questo governo cada, perché entreremmo in un limbo pericoloso. Se si può andare avanti anche senza M5s? Giro la domanda al presidente Mattarella che, come prevede la Costituzione, sentirà le forze politiche, vedrà i numeri e deciderà”.

Tra l’altro l’ondivaga “gestione Salvini”, oltre a sgonfiare il Carroccio nei sondaggi, sta spingendo molti boiardi, ambasciatori, politici locali a bussare alla porta di Giorgia Meloni. E’ lunga la fila di chi spera di aggrapparsi al treno in corsa di Fratelli d’Italia.

Ps: ma poi perché il rapporto personale tra Conte e Draghi non è mai decollato? Mariopio, che è un iper-romano, si avvicina alle persone con un misto di cinismo e indolenza. Con quei pazzarielli di Grillo e Salvini, sotto sotto, si diverte perché vanno al sodo, sono schietti e sanno come cazzeggiare per smorzare le tensioni. Con Peppiniello Appulo, invece, c’è una resistenza epidermica.

Draghi, che è un decisionista pragmatico, non sopporta l’eloquio contorto e soporifero di Conte, quell’ingarbugliata supercazzola con scappellamento a destra che gira intorno alle cose e si ferma sul gozzo, senza mai arrivare al dunque. Insomma, uno “scassacazzi”, direbbero a Parigi.

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