Una legge per vietare governi guidati dai tecnici: alcuni parlamentari vorrebbero calendarizzarla, ma siamo certi non avverrà, perlomeno in questa legislatura di venduti e traditori

Ne abbiamo abbastanza dei governi tecnici? Forse sì. Probabilmente perché di premier non politici ne abbiamo avuti tanti, troppi. E molti italiani si sono stufati. Secondo quanto riferisce Gianfranco Ferroni molte persone sarebbero stanche anche di Mario Draghi. Per questa ragione alcuni parlamentari vorrebbero avanzare una semplice proposta, una legge brevissima formata da un solo articolo: «Il presidente del Consiglio è scelto tra gli eletti alla Camera dei Deputati o al Senato della Repubblica». Cerchiamo di fare chiarezza.

Un governo tecnico, o anche governo dei tecnici, è un tipo di esecutivo dalla non dichiarata identità politica, costituito da personalità dotate di competenze tecniche specialistiche ed estranee alle forze politiche. È una tipologia di governo che solitamente si costituisce in particolari situazioni in cui coesistono una difficoltà o emergenza e l’impossibilità di realizzare una maggioranza “politica” in Parlamento. Il “governo dei tecnici” mira a risolvere i problemi di un Paese al di là delle contrapposizioni politico-ideologiche.

Per quanto riguarda gli Stati membri dell’Unione europea, ci sono stati  sette governi tecnici in senso stretto: governo Dini (Italia 1995-1996), governo Monti (Italia 2011-2013), governo Bajnai (Ungheria 2009-2010), governo Văcăroiu (Romania 1992-1994), governo Berov (Bulgaria 1992-1994) e governo Fischer (Repubblica Ceca 2009-2010). E arriviamo all’ultimo, quello che vede dal 13 febbraio del 2021 alla guida l’ex numero uno della Bce Mario Draghi.

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“Per molti c’è da ristabilire il rispetto per le istituzioni, e soprattutto per gli eletti che hanno conquistato un seggio: mai più un premier non parlamentare. Anche perché non ci si può lamentare della pochissima voglia degli italiani di arrivare fino ad una cabina elettorale se poi a comandare viene scelto qualcuno che non c’entra nulla con le schede depositate nelle urne”, rimarca Ferroni, denunciando quella che è la situazione. Riflessioni che arrivano alla luce del forte astensionismo che ha caratterizzato il recente referendum. “E poi, non si chiama governo parlamentare’? Se la logica ha un senso, anche chi si trova a Palazzo Chigi deve far parte del Parlamento”, rilancia il giornalista. Che ne dite?

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