Insegnante cacciato dalla sua scuola dalla Polizia! Ha osato presentarsi nell’ufficio della preside senza mascherina. Roba degna della peggio Corea del Nord

di Irene Giurovich per Il Giornale di Udine

La libertà dietro ricatto non è libertà. La libertà senza logica non è libertà. Una norma che valga oltre e al di là della logica è una norma che confligge con la capacità critica. Questi i presupposti etici che guidano l’azione del docente di lettere, Massimiliano Verdini, buttato fuori lunedì 30 maggio dalla scuola in cui insegna, gli istituti tecnici di Spilimbergo, dalla Polizia municipale chiamata dalla dirigente Lucia D’Andrea.

“Io non baratto la mia coerenza: ho una dignità che mi contraddistingue e soprattutto non temo nulla, al contrario di quasi tutta la categoria degli insegnanti che si fanno manovrare dalla paura, non certo dalla logica…”, dichiara Verdini che racconta lo spiacevole episodio costatogli una multa di 400 euro e, per un soffio, persino una denuncia penale. La Polizia lo ha scortato fuori dall’edificio, dopo averlo sanzionato comminandogli la contravvenzione di 400 euro, dietro minaccia di una denuncia penale se si fosse rifiutato di abbandonare la sede scolastica.

Tutto ha inizio con la chiamata in Presidenza da parte della Dirigente, ci racconta l’insegnante di ruolo. Ovviamene “ci sono stati dissapori nel corso dell’anno scolastico con la preside per visioni opposte sulle questioni personali e di principio… ad un certo punto la dirigente si rivolge dicendomi che davanti a lei io dovevo indossare la museruola; allora le comunico, come del resto già ben sapeva, che dal giorno della Liberazione, il 25 aprile, io mi sono liberato decidendo di non portare mai più il bavaglio, come del resto i casi famosi di Draghi, Zaia ed altri insegnano… fra l’altro a scuola da tempo ormai moltissimi, sia docenti sia alunni, la tengono sotto il naso o sotto il mento senza che vengano chiamate le forze dell’ordine”.

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Verdini persevera nella sua opposizione. Ad un certo punto “la dirigente – narra – mi intima di mettere la mascherina, io rispondo che non ce l’ho e lei mi lancia una di quelle mascherine arrivate ancora l’anno scorso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri prodotte da FCA (ex Fiat), pagate con denaro pubblico, fra l’altro risultate non conformi, non filtranti e con quella puzza tossica che le rendono immettibili: per questo rispondo all’ultimatum dicendo che non metto a repentaglio la mia salute respirando quella robaccia”. In un climax crescente, ecco la formulazione dell’aut-aut: “O ti metti la mascherina o chiamo i carabinieri”. I carabinieri non arrivano, ma giunge sul posto una pattuglia della Polizia municipale. “Questi poliziotti mi pregano di indossarla, in modo da non metterli in imbarazzo, addirittura – e siamo al paradosso dei paradossi – mi dicono di indossarla anche sotto al naso, insomma pro forma…”. Quindi, “in pratica anziché far rispettare una norma, dal mio punto di vista ingiusta, l’avrebbero fatta rispettare per finta, insomma anche con una mascherina cadente, ma ci rendiamo conto?”. Ad ogni modo, secondo Verdini “se la legge è ingiusta è ingiusta, punto, senza tenere conto degli studi sulla inefficacia di questi dispositivi oltre che sulla loro pericolosità visto che respiriamo anidride carbonica che di certo bene non fa al nostro fisico né al nostro cervello”. Dopo una discussione vivace, ecco che i poliziotti squadernano un precompilato con la dicitura “il professore puntini puntini”, a riprova che le forze dell’ordine sono state già dotate da tempo di moduli prestampati da consegnare agli insegnanti ribelli da punire.

Ma la battaglia dell’insegnante di lettere, che va avanti dacché erano entrati in vigore dapprima il green pass base obbligatorio con tamponamenti ogni 48 ore e poi il siero obbligatorio, alias ricatto per lavorare e presumere di essere fintamente liberi, non arretra di un millimetro. “Purtroppo questo episodio conferma che la norma per molti vale più della logica e ci credono in maniera dogmatica, totalizzante, a scapito dell’utilizzo del raziocinio: io intendo continuare ad usare la logica, ad oppormi a schemi prestabiliti di finte libertà, io non mi ammanto di parole vuote sui diritti civili e sulle manifestazioni teoriche di tutela della libertà, io lo dimostro sul campo, mettendoci la faccia, rischiando in prima persona come ho fatto a scuola e come sto facendo ora raccontando questa storia con il mio nome e cognome e con la mia foto identificativa”. Perché? “Io ho una mia dignità e una coerenza che non intendo barattare con nulla. Purtroppo non si insegnano più questi concetti e la scuola è diventata fucina per l’omologazione unilaterale e grancassa della voce del padrone e del potere”. Insomma, viene crocifisso chiunque osi ragionare e far ragionare, perché il pensiero critico è diventato il nemico pubblico. “Come sempre, andrò avanti in nome della libertà e della razionalità. Mi auguro che gli esempi concreti possano risultare da sprone per quegli insegnanti e studenti che iniziano a capire che vivere soggiogati dalla paura non è vivere e non consente nemmeno di essere un insegnante o un discente nella vera accezione dei termini”. E nei prossimi giorni e settimane che cosa farà? “Di certo non la indosserò mai più”. Un insegnante che ha paura che cosa potrà mai insegnare? A piegare la testa. Ecco perché la nostra scuola sta sfornando soldatini del sistema.

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  1. La North Korea è sicuramente meglio della cloaca “occidentale”, dove comandano poche banche e fondi di investimento.

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