La farsa di Draghi delle dimissioni minacciando i partiti derelitti è esclusivamente volta a portare a termine l’ennesimo indebitamento mostruoso attraverso l’inutile Pnrr

L’allerta di Mario Draghi nel Consiglio dei Ministri convocato a sorpresa nel pomeriggio del 19 maggio è secco: “Con il governo bloccato il Pnrr è a rischio”.

E non è difficile intuire cosa abbia davvero indispettito il premier dopo le polemiche politiche sul Ddl Concorrenza: non il datto che sul quel provvedimento ci si dibatta in punto di ricerca di consenso, ma quello per cui se la faccenda resta in mano alle segreterie di partito saltano i soldi dell’Europa. E attenzione, con essi salta anche la ragion d’essere del governo e del suo nocchiero. Insomma, Draghi l’ha messa brutta con i suoi ministri più belluini sul tema: “O la finite o si va a casa“.

Compromettere infatti l’essenza stessa di un governo che è nato per mettere in moto un Pnrr significa resettare il governo senza alcuna prova di fiducia. Ma significa soprattutto far saltare un banco da 200 miliardi di euro. E e per Mario Draghi l’arrivo liscio di quei soldi è tema “non sindacabile”. Il dato è certo: boicottare il ddl Concorrenza significa compromettere il Pnrr, perciò il premier ha convocato a sorpresa un Cdm.

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Tanto a sorpresa che molti ministri vengono a sapere della riunione dai media. Pochi minuti e come spiega il Giornale le carte sono state messe sul tavolo. La sintesi? Con i ritardi voluti il Ddl concorrenza può andare a farsi benedire con il rischio di non varare i decreti attuativi entro la fine dell’anno. Nessuno obietta: non lo fa la Lega con Giorgetti e Garavaglia e non lo fa Forza Italia con Brunetta, Carfagna e Gelmini.

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