“Poche balle, nei sotterranei ci sono scudi umani?” Toni Capuozzo, ennesimo durissimo sfogo contro la vergognosa disinformazione dei

di Toni Capuozzo da Facebook

Intervista a Lavrov: ci sarebbe voluta Oriana Fallaci, per far contenti tutti, forse. Ma, non essendoci Lei (che avrebbe fatto diventare lā€™intervista un confronto, una sfida) quel che doveva essere, e probabilmente ĆØ stato pattuito, pur di avere lā€™intervista, ĆØ stato: delle domande che permettessero allā€™ospite di fare il suo discorso ā€“ compresi i passaggi piĆ¹ antisemiti- e a noi di conoscerne il punto di vista, le veritĆ  di parte, le deformazioni. CioĆØ: ĆØ stata fatta non educazione, non pedagogia, non propaganda, non giudizio ultimativo, ma semplice informazione, e ora ne sappiamo tutti qualcosa in piĆ¹, liberi di trarne noi il giudizio.
Avendo sbagliato in pieno la previsione sullā€™invasione del 24 febbraio ā€“ mi sembrava impossibile, e irrazionale, pur stra-annunciata- ci tengo a essere prudente, adesso, nelle previsioni.

Ma non riesco ad accettare che davvero Putin annuncerĆ , il giorno della parata della Vittoria, una guerra totale. Anzi, mi sembrerebbe logico il contrario. Un colpo di scena sullā€™asse piĆ¹ improbabile -Vaticano-Ankara-Mosca -Pechino- e la dichiarazione, dalla piazza Rossa, di una disponibilitĆ  a sospendere il fuoco e a trattare.

Naturalmente da posizioni di relativa forza, con in mano un Donbass allargato e Mariupol, e il corridoio di terra verso la Crimea. Dunque un Putin ferito sƬ dalla mancata presa di Kiev, dalla mancata caduta di Zelenskj, dalle ingenti perdite di uomini e mezzi, ma comunque in grado di cantare vittoria, sia pure con la ā€œvā€ minuscola. E di tendere la mano scivolosa a Zelensky, spinto da dietro da Biden e dai suoi ultras nazionalisti: a che cosa ĆØ servito resistere se Putin ĆØ ancora lƬ, e i suoi tank anche?

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Lā€™imbarazzo, in realtĆ  sarebbe dellā€™Europa, e dellā€™Italia: non volevamo morire per Kiev e dobbiamo morire per Donetsk, Lugansk e Mariupol? E per quanto ancora dovremo fornire armi e soldi, adesso che non si tratta di salvare Kiev, ma di chiudere i conti di una guerra sconosciuta iniziata nel 2014?

Naturalmente cā€™ĆØ chi ci spiega che non ĆØ in gioco il destino di una ragione ricca e poveraccia, dilaniata senza che noi lo sapessimo. Dicono che Putin ĆØ come Hitler con la Polonia: se lasciamo che ingoi il primo boccone, il suo appetito ci divorerĆ . In gioco ci sarebbero la libertĆ , la democrazia, lā€™Occidente. Non lo credo.

Mi pare, piuttosto, che ci siamo infilati in una guerra civile, con i suoi odi e la sua ragnatela di ragioni e di torti, quasi senza accorgercene. E che siamo diventati pendolari assonnati e sempre in ritardo tra questa guerra di confine e la grande guerra tra Russia e Stati Uniti, che trovano lā€™occasione di combattersi non dove confinano (lā€™Alaska la comprarono dagli zar, no?), ma in Europa.

Trasformando lā€™Europa in una scolaresca ubbidiente, disposta a rinunciare ai propri interessi, in nome di unā€™idea. Quale? Per quanto a lungo? Per le terre irredente di Zelenskj, o per piegare Putin e fargli passare lā€™appetito?

Non si sa, e non sarebbe la prima volta che ci imbarchiamo in avventure senza sbocco, dalla Libia allā€™Afghanistan, dallā€™Iraq alla Siria, fino ai Balcani. E dovrebbero anche spiegarci come si concilia questo pericolo per tutti con il fatto che un giorno sƬ e uno no ci spiegano che la Russia ĆØ militarmente a pezzi.

Forse stavolta abbiamo la bacchetta magica, o solo una Casa Bianca abitata da amici, come quando a palazzo Chigi sedeva Massimo Dā€™Alema e la Nato poteva bombardare Belgrado senza commettere crimini di guerra, o senza essere accusata di farlo. PerĆ² il tempo ĆØ galantuomo, e la realtĆ  ha una sua forza. Mi hanno fatto tenerezza le accuse a Giuseppe Brindisi, i cui inviti in studio avevo declinato perchĆ© mi sembrava troppo schierato, troppo innamorato della Resistenza ucraina. Lā€™ultima volta da lui, avrĆ² sentito dire tre o quattro volte la formula ā€œMariupol cittĆ  martireā€, come si dice di Londra piovosa o Venezia piena di turisti.

GiĆ , la storia delle evacuazione di civili dalla Azovstal ā€“ ā€œil cuore pulsante dellā€™epica resistenziale ucrainaā€, secondo il Corriere della Sera di oggi – qualche cosa avrebbe dovuto chiarire: parenti dei miliziani? Profughi indirizzati verso la trincea peggiore? Scudi umani? Ne sono usciti con il contagocce, e non per responsabilitĆ  russa.

Fra il 30 aprile e il 1 maggio hanno lasciato la fabbrica 101 persone. Sessantanove tra loro ā€“ dunque una maggioranza ā€“ hanno scelto di proseguire verso lā€™Ucraina governativa. Trentadue invece hanno scelto di rimanere nelle repubbliche secessioniste. Nonostante fossero rimasti a vivere come topi nellā€™ultima trincea di Azov, gli ā€œeroiā€ del Corriere della Sera che al momento della veritĆ  scansano la bella morte e chiedono permessini e corridoi umanitari. Report ha avuto il coraggio del tutto insolito per le grandi televisioni e di piĆ¹ per la Rai, di raccogliere i racconti dei civili di Mariupol, la cittĆ  martire. E raccontano di chi li ha usati come scudi, e di chi li ha, se non martirizzati usati e gettati. Non mi ha sorpreso. PerchĆ© sono gli stessi racconti raccolti da settimane da due paria dellā€™informazione, Bianchi e Rangeloni (paria per come sono trattati dal resto del circo. Per me sono colleghi come tutti gli altri). La guerra ha sempre due volti, e due propagande. Finora, quella di Kiev, che ha il fascino della vittima, dellā€™aggredita, ha avuto via libera in ogni circostanza. Come se la propaganda, in guerra, fosse una sola. Ma se dovessi assegnare un premio al miglior racconto letto in questa guerra, lo darei a Vittorio Rangeloni. Che ā€“ ricostruisco a memoria, e con parole mie ā€“ ha descritto lā€™incontro con un vecchio combattente secessionista, zio Vasya. Un uomo sulla sessantina, che allo scoppio della guerra civile nella sua Kostantinovka, si arruolĆ² con i ribelli. La cittadina cadde in mano agli altri e lo zio Vasya seguƬ gli sconfitti, restando con loro da allora a oggi, quasi una mascotte invecchiata, e abbandonando la famiglia.

Rangeloni, che lo aveva incontrato in passato, lo ritrova a Mariupol. Zio Vasya gli propone di bere una vodka insieme. Rangeloni, che non ha preso le abitudini del posto, dice che ĆØ meglio di no, a quellā€™ora. ā€œPeccatoā€, fa zio Vasya. Poi, i suoi commilitoni racconteranno a Rangeloni cosa era successo il giorno prima. Lo zio Vasya, schierato attorno alla Fort Alamo dellā€™Azovstal, aveva saputo che il suo figlio maschio era lƬ dentro, con la divisa dellā€™Azov. A proposito dellā€™Azov. Ieri era il 2 maggio, anniversario della morte, nel 2014, di 42 manifestanti, assediati nella casa dei sindacati di Odessa dai nazionalisti ucraini, e bruciati vivi. Per lā€™occasione dellā€™anniversario i difensori estremi della democrazia europea hanno messo in rete un poster, dove appaiono due belle molotov. Se le guerre civili sono lā€™orrore, quelle planetarie non sono meglio. Ma non ĆØ che quelle che ti ci ritrovi in mezzo quasi per caso, e non sai dove fanno a finire, non ĆØ che quelle siano belle e giuste.

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