Ucraina, sono Americani i veri capi dell’esercito, direttamente collegati col Pentagono. Lo scoop del celebre giornalista francese totalmente censurato

“SONO I MILITARI AMERICANI CHE GUIDANO LE OPERAZIONI IN UCRAINA” – L’EX DIRETTORE DEL SETTIMANALE PARIS MATCH, RÉGIS LE SOMMIER, HA PROVATO A ENTRARE NELLA BRIGATA INTERNAZIONALE E SI E’ TROVATO COME SELEZIONATORE UN VETERANO DELL’ESERCITO AMERICANO CHE HA PARTECIPATO ALLA FASE INIZIALE DELL’INVASIONE IN IRAQ: “SONO RIMASTO SORPRESO DAL FATTO CHE PER ENTRARE A FAR PARTE DEI RANGHI DELLE FORZE ARMATE UCRAINE SI DEBBA PASSARE DAGLI AMERICANI. SIAMO FINITI AD AVERE A CHE FARE CON IL PENTAGONO”


Adriano Scianca per “La Verità”

«Li ho visti, li ho visti con i miei occhi». Régis Le Sommier scandisce le parole: non sta parlando di qualcosa che ha sentito dire, una diceria rimbalzata in rete tramite qualche network putiniano. Gli addestratori americani degli ucraini lui li ha incontrati di persona. Reporter di guerra, ex direttore del settimanale Paris Match, Le Sommier è un giornalista francese che sta raccontando il conflitto ucraino sul campo.

In questi giorni ha fatto il giro della Rete, rimbalzando anche in Italia, un suo intervento in una trasmissione televisiva francese in cui il reporter raccontava del suo incontro con degli istruttori americani operanti in Ucraina. Sullo stesso tema, insieme a Noël Quidu, ha scritto un articolo per Le Figaro Magazine, altra testata di provata autorevolezza e non certo adusa a rilanciare bufale di marca moscovita sulle trame americane. Il reportage di Le Sommier e Quidu segue tre volontari francesi in viaggio da Odessa a Leopoli per andarsi a registrare in un centro di reclutamento per volontari stranieri. I tre foreign fighters sono Max, Sabri e Greg. Sabri e Max si sono conosciuti in Rojava, combattendo a fianco dei curdi.

La causa scelta, cara da sempre all’estrema sinistra, lascia intendere che non si tratti dei soliti e fantomatici «mercenari di estrema destra» di cui spesso si parla. E infatti Max confessa di essere un anarchico e di avere il mito della guerra di Spagna.

Greg, invece, non ha esperienza militare pregressa ed è originario di Wallis e Futuna, un territorio d’oltremare francese fra le isole Figi e Samoa.

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Il centro per il reclutamento in cui si stanno recando i cinque – tre soldati, più due reporter – si trova a Yavoriv, una sessantina di chilometri a Ovest di Leopoli, vicino al confine polacco.

Dove abbiamo già sentito questo nome? Ma certo: è lì che il 13 marzo i russi hanno bombardato una base militare, dichiarando di aver colpito molti combattenti stranieri. Il bus li porta al centro di un villaggio, da lì bisogna camminare un chilometro seguendo le indicazioni Gps. I cinque vengono accolti da soldati ucraini.

Dopo aver dichiarato di essere francesi e di volersi arruolare nella «legione straniera» di Kiev, gli ucraini parlano al telefono. Dopo un po’ arriva un uomo atletico. Americano. Si fa chiamare «Grinch», come il mostriciattolo che ruba il Natale della favola. «Il suo vero nome è Carl Larson», scrivono Le Sommier e Quidu. «Verifica fatta, è un veterano dell’esercito americano che ha partecipato alla fase iniziale dell’invasione in Iraq». Il discorso del «Grinch» è senza fronzoli: «Sono qui per rimettere ordine tra i combattenti internazionali. Sono io che comando. C’è troppa gente che non ha nulla da fare in questo posto. Gli ucraini vogliono che li si rispetti. Se avete dei telefoni internazionali, distruggete le carte Sim e prendete quelle locali».

Alla scoperta che, dei cinque, due sono giornalisti, il tono cambia: «Dovete andarvene». I reporter protestano, Larson allora si rivolge agli ucraini con tono irridente: «Non volete reporter, vero? Visto, non vogliono reporter». I giornalisti si separano dai soldati, che il giorno dopo vengono inviati al fronte, dopo aver firmato un contratto che li impegna fino alla fine della guerra.

Nella trasmissione televisiva di cui si diceva all’inizio, Le Sommier ha fornito ulteriori dettagli. Ad esempio attribuendo all’istruttore americano la frase «Non sono gli ucraini che comandano, sono io». Ha anche specificato che l’uomo non era ovviamente lì su incarico ufficiale dell’esercito americano. «Pensavo che saremmo stati con le brigate internazionali, ma siamo finiti ad avere a che fare con il Pentagono», ha aggiunto.

Cercando un po’ in rete, non è peraltro difficile trovare qualche informazione in più sul nostro Grinch. Su The Spokesman-Review leggiamo che l’uomo ha 47 anni ed è originario della contea di Snohomish, nello Stato di Washington. È cresciuto a Mill Creek e si è arruolato nell’esercito quattro mesi prima dell’11 settembre. Ha prestato servizio come ingegnere da combattimento in un’unità con sede in Germania e nel 2003 ha partecipato all’invasione iniziale dell’Iraq.

È arrivato in Ucraina l’11 marzo, a sentir lui dopo aver seguito le istruzioni di qualche gruppo Facebook per aspiranti foreign fighters, e solo per un pelo, a causa della sua diffidenza iniziale, è sfuggito al bombardamento di Yavoriv. Lui e la sua squadra hanno portato diverse borse piene di occhiali per la visione notturna, giubbotti antiproiettile e altri equipaggiamenti militari.

Del gruppo fa parte anche Kawika Rogers Jr., che è cresciuto alle Hawaii e ha servito nei Marines dal 2014 al 2018. «Questa è la chiamata al dovere della nostra generazione. I nostri nonni hanno combattuto e sconfitto Hitler, e ora tocca a noi», ha detto Larson in un’intervista telefonica dall’Ucraina rilasciata allo Spokesman.

«Non c’è ambiguità qui», ha aggiunto.

Anche volendo credere alla storia del veterano che parte per l’Ucraina seguendo i gruppi Facebook e inseguendo la voce morale dentro di sé, di ambiguità sul tavolo in realtà ne restano un bel po’. Perché l’impressione che Washington stia conducendo ufficiosamente una guerra di cui saremo noi (oltre alle popolazioni coinvolte) a pagare il conto resta forte. La responsabilità del conflitto, e la possibilità più autentica di porvi fine, sono ovviamente tutte appannaggio di Vladimir Putin. Ma le mosse politiche e militari di Joe Biden lasciano intendere che a Washington la pace non sia una priorità. E forse nemmeno un augurio

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3 comments
  1. Io ho un filmato dove un militare ucraino con un “lanciamissili” filoguidato o altro (onestamente non me ne intendo) fa saltare un carro armato russo.
    Ma quello che mi lascia veramente perplesso è che alla fine sento il soldato che dice contento “Yes” e non un “Da” come mi sarei aspettato.
    Quindi per me non era un soldato ucraino.

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