Julian Assange, l’anniversario della vergogna: oggi siamo al terzo anno di galera. Imprigionato per aver osato svelare i crimini dei “democratici” americani

tratto da Byoblu

Lunedì 11 aprile 2022 segna un anniversario che non ha motivi per cui festeggiare. Sono infatti trascorsi precisamente tre anni da quando Julian Assange è stato prelevato di forza dall’ambasciata ecuadoriana a Londra e trasferito nella Prigione Belmarsh di Sua Maestà nella capitale britannica. In realtà, il fondatore di WikiLeaks è stato privato della sua libertà da ormai una decade. Nel 2011, dopo aver rivelato al mondo i peggiori crimini di guerra degli Stati Uniti d’America commessi in Afghanistan e in Iraq, l’attivista australiano aveva appunto trovato rifugio presso l’ambasciata ecuadoriana a Londra. Tuttavia, il cinquantenne non poteva uscire dalle mura dell’ambasciata, perché era a rischio la sua stessa incolumità.

Assange: dieci anni di vita rubati

Ai tre anni di confinamento nel carcere di massima sicurezza, si aggiungono circa sette anni in cui Julian Assange è dovuto letteralmente fuggire dalla persecuzione degli Usa. Certo, nei sette anni precedenti, l’attivista non ha avuto lo stesso trattamento ricevuto a Belmarsh. Di tanto in tanto, amici e ammiratori passavano a trovarlo recapitandogli talvolta regali per addolcire, quanto possibile, il confinamento forzato tra quattro mura. Dall’attrice Pamela Anderson fino al regista Ken Loach. Quest’ultimo ha regalato ad Assange un tapis roulant per tenersi in forma e ammazzare il tempo nelle infinite giornate trascorse lontano dai raggi di sole. E purtroppo, il sole per Assange sembra ancora un miraggio.

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“Torture psicologiche”

Una serie di sentenze e controsentenze sta infatti continuando a prolungare la sofferenza del fondatore di WikiLeaks. Le condizioni di salute di Assange peggiorano di giorno in giorno e ogni ora di reclusione incide sulla sua sanità mentale. Il prorogato imprigionamento di Julian Assange è un “atto criminale”ha detto la moglie dell’attivista, Stella Assange. La coppia si è sposata lo scorso 23 marzo in carcere, ma dello sposo non sono state diffuse immagini pubbliche.

Il 27 ottobre del 2021, Assange ha accusato un infarto lieve, sintomo di un peggioramento della sua condizione. Alcuni mesi dopo il suo imprigionamento nel 2019, l’inviato speciale delle Nazioni Unite Nils Melzer ha visitato Assange insieme a due medici. La conclusione: il trattamento nei suoi confronti costituiva tortura psicologica “in una forma atta a distruggere la personalità di un individuo”.

Tra estradizione e conflitti d’interesse

Il 5 gennaio 2021, la giustizia inglese ha negato l’estradizione di Assange per motivi di natura medica, dato che la reclusione in un carcere statunitense avrebbe potuto innescare il rischio di tendenze suicide. Il 10 dicembre 2021, l’Alta corte di Londra ha ribaltato la sentenza che negava l’estradizione. Il 14 marzo 2022, l’ennesima brutta notizia che porta il fondatore di WikiLeaks sempre più vicino all’estradizione negli Stati Uniti, Paese che ha pianificato il rapimento e l’omicidio del cinquantenne.

La Corte Suprema del Regno Unito respinge il ricorso presentato dai legali di Assange e lascia l’ultima decisione al Segretario di Stato per gli Affari Interni, Priti Patel. I legami pluriennali di Patel con un’associazione molto vicina ai servizi segreti statunitensi non lasciano presagire niente di buono, oltre a indicare il fatto che la decisione del Segretario potrebbe essere influenzata da fattori esterni.

“La pace può essere raggiunta con la verità”

Una nota affermazione di Assange che risulta opportuna per i tempi che corrono recita: “Se le guerre possono essere iniziate con le menzogne, la pace può essere raggiunta con la verità”. Una citazione che racchiude lo spirito dell’attivista, e che spiega il fine del giornalismo. Non quello di manipolare o schierarsi da una parte, bensì di scavare a fondo per trovare la verità e presentarla davanti agli occhi delle persone. Una cosa è chiara: la pace non potrà mai essere raggiunta con Julian Assange rinchiuso in carcere, tanto più in una prigione del Paese che è la patria del giornalismo e si fa paladino della libertà di stampa e d’espressione. Rinchiudere lui significa rinchiudere la verità.

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