Paolo Baroni per “la Stampa”
Senza il gas russo, se di qui alle prossime settimane il tempo non fa brutti scherzi, potremmo arrivare tranquillamente a ottobre senza troppi problemi. Se invece la primavera-estate tardasse a ingranare, non solo avremmo il problema di come fare a riempire gli stoccaggi in vista dell’inverno (dal 30% rimasto oggi sino al 90% previsto) ma già a luglio potrebbero presentarsi serie difficoltà. Ed allora sì che potremmo rischiare di dover decidere se far funzionare o meno i condizionatori, come ha ipotizzato mercoledì Draghi.
Perché se è vero che di qui alle prossime settimane i consumi di gas sono destinati a calare – dai 208 milioni di metri cubi di ieri si passerebbe a maggio ad una media giornaliera di 136, per scendere ancora in estate toccando a Ferragosto un minimo di 80-85 milioni contro i 400 e più dei giorni più freddi dell’inverno – è anche vero che quelli dell’elettricità di contro sono destinati ad impennarsi.
Variabile meteo Ieri il picco massimo di consumi elettrici ha toccato (alle 9) i 44,8 gigawatt. In media a primavera i consumi viaggiano attrno ai 50-55 ma in estate, complice anche l’uso dei condizionatori, si superano ampiamente i 60 gigawatt. Ed è proprio per questo che potrebbero esserci dei problemi. Parlare oggi di austerity è prematuro, ma lo scenario, a breve, potrebbe essere anche quello con pesanti ripercussioni innanzitutto sull’attività delle imprese, non solo a causa dei prezzi che in uno scenario del genere non potrebbero certo calare.
Il piano di emergenza Se il governo decidesse di rinunciare al gas russo si verificherebbe una delle condizioni in base alle quali scatterebbe il piano di emergenza gas da poco aggiornato e rafforzato dal governo. Per rimediare al venire meno dei 29 miliardi di metri cubi che ogni anno acquistiamo da Mosca (40% del nostro fabbisogno), su input del ministero delle Transizione ecologica, verrebbero attivate tutta una di misure straordinarie. Sul fronte della domanda si agirebbe innanzitutto sugli utenti industriali interrompibili, ma anche pro-quota sui restanti clienti industriali, e verrebbe modificato il dispacciamento per le centrali elettriche a gas.
Sul lato dell’offerta è invece previsto l’utilizzo dello stoccaggio strategico, l’aumento delle importazioni, un maggior utilizzo dei rigassificatori e delle centrali a carbone. Difficile però immaginare che per ottobre sia già operativa la prima delle due navi da rigassificazione su cui Snam sta trattando l’acquisto in esclusiva.
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Comunque sia, secondo alcune stime 10-12 miliardi di metri cubi di gas in più potrebbero arrivare da Algeria, Libia e Azerbaigian, altri 5 si potrebbero risparmiare mandando al massimo le centrali a carbone ed altri 5 in più arriverebbero dai rigassificatori. Aumentando la produzione interna di gas potremmo recuperarne subito un altro miliardo di metri cubi, quindi riducendo un po’ i consumi per l’illuminazione pubblica notturna si risparmierebbe un altro miliardo di metri cubi ed altrettanto si potrebbe fare in ragione d’anno grazie alla riduzione volontaria dei consumi delle imprese.
In caso d’emergenza è previsto che le imprese, soprattutto quelle che consumano di più, possano venire «scollegate» anche dalla rete elettrica.
Imprese interrompibili Se guardiamo alle forniture di energia elettrica, che per il 50-60% oggi dipende proprio dalle centrali alimentate a gas, sino a tutto giugno sono 46 i soggetti, tra gruppi industriali e grandi consorzi di imprese, classificati come «interrompibili» da Terna e valgono circa l’1% dei consumi elettrici, ovvero 500 megawatt di potenza installata. Nella lista sono presenti i grandi gruppi siderurgici come Acciaierie d’Italia-Ex Ilva, Arvedi, Riva Acciaio e Ferriere Nord, molte cartiere, cementifici (Italcementi, Buzzi Unicem, Cemetirossi e Holcim), aziende tessili (Olcese) e chimiche (Solvay). Austerity in famiglia
E le famiglie? Ovviamente non è pensabile sapere quale quota dei loro consumi elettrici venga assorbita dai condizionatori, però – suggeriscono gli esperti del settore – in caso di vera emergenza elettrica una misura «alla Draghi» potrebbe anche essere immaginata: si potrebbe infatti ridurre per un certo periodo a 3 Kw tutti i contratti che oggi arrivano sino a 6 Kw. Su un totale di 29,7 milioni di utenze domestiche le famiglie «energivore», che si presume consumino di più magari proprio per far funzionare uno o più splitter, sono qualche milione e valgono circa il 7% dei consumi elettrici.