Spese folli per gli armamenti, Draghi e Conte sono ai ferri corti: adesso vediamo se i Cinquestelle avranno le palle per rompere con il governo

Alessandro Barbera e Federico Capurso per “La Stampa”

Ieri nei corridoi di Palazzo Chigi era difficile non percepire una certa silenziosa ostilità mentre Giuseppe Conte li attraversava per raggiungere lo studio del presidente del Consiglio. Per rompere il ghiaccio, l’ex premier e ora leader dei Cinque Stelle ha provato a prenderla alla lontana: «Ci sono novità a Bruxelles a proposito di un fondo comune per le spese energetiche?».

«Non molti, almeno nell’immediato», la risposta secca di Mario Draghi. La domanda – quasi provocatoria – non ha aiutato a rendere l’atmosfera meno tesa: Conte conosce le resistenze dei Paesi nordici a nuove spese comuni. D’altra parte il premier era irritato già prima che Conte si sedesse.

Per la natura dell’incontro, chiesto da Conte per esporre la contrarietà del Movimento a un aumento delle spese militari. Ma soprattutto per il fatto che a porgliela era un ex presidente del Consiglio. Colui che per tre anni, dalla stessa scrivania di Draghi, aveva garantito l’osservanza degli impegni con la Nato aumentando la spesa per 3,6 miliardi in piena pandemia, quando la spesa militare non era una priorità per nessuno.

Quegli stessi impegni che ora gli si chiede di disattendere mentre ai confini dell’Europa si consuma la peggiore crisi dal Dopoguerra. Draghi non manca di farlo notare.

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Sperava in un atteggiamento più in linea con la responsabilità istituzionale e il senso dello Stato che la situazione internazionale richiede. A suo avviso così non è stato.

La conversazione tra i due – così riporteranno le fonti di entrambe le parti – si muove così, per circa mezz’ ora fino a quando Draghi, di fronte ai legittimi distinguo imposti dalla situazione interna al Movimento, non tronca la conversazione con un quesito secco: «Mi stai chiedendo di rinnegare gli impegni Nato, quegli stessi impegni che hai rispettato anche tu da presidente del Consiglio?».

Conte lo esclude: «No, non è questa la mia intenzione». «Allora – prosegue Draghi -, sappi che nel Documento di economia e finanza ci dovrà essere un passaggio dedicato all’aumento graduale della spesa militare verso il due per cento del Pil». È la linearità logica, quasi fredda, che si contrappone alla battaglia contro il riarmo grillina, che per Palazzo Chigi ha solo il retrogusto di campagna elettorale.

Conte a quel punto tenta di ribattere: «Dove si troveranno allora i soldi per far fronte all’emergenza economica?». L’ex premier inizia ad elencare le difficoltà dei settori produttivi con il rincaro dell’energia, la scarsità delle materie prime, la spinta inflattiva, ma Draghi non arretra. Non può farlo, per non indebolire l’immagine del governo in un momento in cui, nel pieno del conflitto, l’Italia è riuscita a sedersi di nuovo al tavolo dei grandi.

Il premier elenca a Conte i numeri degli investimenti nel settore della Difesa tra il 2018 e il 2021, quelli indicati nei documenti di finanza pubblica durante i suoi governi. E rievoca il «patto di maggioranza» che pretende venga rispettato dai partiti che lo sostengono. È lui a minacciare la crisi proprio come aveva fatto a febbraio, quando era andato su tutte le furie con i ministri per gli ostacoli che ogni giorno ritardavano l’approvazione della delega fiscale.

«Se dobbiamo fare un anno di campagna elettorale, allora tanto vale dirlo chiaramente: abbiamo scherzato», aveva detto due mesi fa. Per Draghi lo spartito è molto simile. Per il premier la questione è fuori discussione: qualunque sarà il compromesso sulla formula, il testo del Def dovrà essere in linea con la decisione presa fra gli alleati Nato. E se il Movimento dovrà spaccarsi su questo, pazienza.

E’ probabile che il governo raccolga il sì di tutto il resto del Parlamento. All’uscita da palazzo Chigi, di fronte ai cronisti, il leader Cinque stelle dice sicuro: «Ragionevolmente nel Def non ci sarà scritto l’aumento delle spese militari al 2% del Pil». Il contrario di quanto riferito da fonti di Palazzo Chigi a proposito della conversazione fra i due.

Quello è il momento in cui, lette le agenzie, il premier alza il telefono e – come era accaduto in febbraio – decide di salire di nuovo al Quirinale da Sergio Mattarella. Draghi è costretto a cercare una sponda al Colle, nel Capo delle forze armate e ministro della Difesa ai tempi del conflitto in Bosnia.

Il presidente ascolta e raccoglie le preoccupazioni, ma dal Quirinale non sembra filtrare una particolare preoccupazione. All’interno della maggioranza e dello stesso Movimento cresce invece il timore che Conte abbia intenzione di andare alle elezioni a giugno. Un sospetto legato alle difficoltà nei sondaggi dei grillini, ma che lo stesso ex premier si affretta a escludere: «Vogliamo solo essere ascoltati».

Persino il Pd invita i suoi alleati a «non esacerbare i toni. Questo è il tempo della politica adulta, niente rincorse al consenso dell’ultima ora», è il messaggio. La posizione dei Cinque stelle è (apparentemente) granitica: «Quello con il premier è stato un incontro interlocutorio. Il nodo resta sul tavolo». Come a voler preannunciare altre riunioni e scontri, magari a Palazzo Chigi. Tutto quello che Draghi vuole evitare, «perché il mondo ci guarda».

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    1. Ma come? Con che cosa? Dov’è la gente? Siamo arrivati a questo punto di dittatura e ci sono l’ottanta per cento degli itali ani che non ha il benché minimo sentore di quello che sta succedendo, vanno in giro terrorizzati con la mascherina anche in macchina da soli, quindi ti lascio immaginare. Non li smuove neanche un terremoto forza 10 della scala Mercalle, quindi sprechiamo tempo a scrivere ma a leggerle sono sempre gli stessi che già sanno un po’ di cose in merito, anche qui i post più importanti passano inosservati e qualcuno si lamenta persino che non sono in tema. Siamo vittime di pigrizia acuta, ignoranza, e viltà.

      1. Assolutamente d’accordo , nel mio piccolo, COMBATTO da almeno 1 decennio…. Disgraziatamente, mi da anche fastidio dirlo : che il POPOLO ITALIOTA NON VALE 1 CAZZO, ma non da adesso, sin dalla Battaglia di Massenzio ( diciamo, l’ultimo VERO ITALIANO ESISTITO ) contro il Truffatore Criminale di Costantino, ed è prossimo al declino assoluto, una Colonia di ZOMBI e di SCHIAVI peggio che il peggior paese Africano. Saluti

  1. Speriamo che Conte dia una scossa, almeno vediamo da che parte sta FDI, anche se i più svegli lo hanno già capito. Le elezioni a giugno sono utopiche e il pd che parla di “politica adulta” è qualcosa di osceno, sinceramente non so se sono stati lobotomizzati o hanno subito un lavaggio celebrale ma oramai sono disconnessi dalla realtà sempre che non pensino che facebook sia il nuovo mondo. Non abbiamo da 20 anni un esercito e anche prima era un mezzo bluff, non abbiamo mezzi militari da sostituire o mantenere per giustificare una spesa costante del 2% del pil, anche se nei prossimi anni il pil calerà molto. Dove andranno tutti quei miliardi di euro?

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