Ucraina, gli affari e i festini del figlio di Biden: la denuncia del New York Times totalmente ignorata dai nostri media asserviti

di MARTINA GIUNTOLI per visionetv.it

Nell’ottobre del 2020 Jen Psaki, l’attuale porta voce della Casa Bianca, definiva l’esistenza del laptop di Hunter Biden, solo un’invenzione del mondo della disinformazione, utilizzata per diffamare la famiglia Biden in occasione delle elezioni presidenziali del novembre dello stesso anno.

La questione nasceva in risposta ad una serie di articoli pubblicati dal New York Post in cui si parlava della storia del computer prima riparato e poi abbandonato in un negozio del Delaware, di come lo stesso fosse finito nelle mani dell’FBI e dei contenuti che lasciavano poco all’immaginazione in termini di depravazione, corruzione e illegalità.

La stessa Psaki in conferenza stampa qualche tempo fa aveva confermato la sua prima versione del 2020 e aveva nuovamente liquidato la faccenda del laptop con la frase “è semplicemente una mossa della disinformazione russa”. Tuttavia, di fronte al recentissimo articolo apparso sul New York Times, che conferma e convalida l’esistenza del pc e dei contenuti, così ha commentato “se ne occupano gli avvocati e comunque Hunter Biden non lavora per la Casa Bianca”.

Davvero un brutto periodo per la famiglia Biden, non c’è che dire.  Prima interamente sanzionata da Vladimir Putin nella sua lista nera stilata da Lavrov qualche giorno fa, poi adesso la storia del computer che torna a galla.

Secondo quanto riporta il New York Times, all’interno di una più ampia investigazione per frode fiscale a carico di Hunter Biden si è presa in esame parte della corrispondenza  tra il figlio del presidente e Devon Archer, suo vecchio collega nel consiglio di amministrazione della compagnia di nome Burisma, con sede in Ucraina.  Da quelle email si apprende che vi sarebbero centinaia di migliaia di dollari per i quali Hunter Biden non avrebbe mai pagato le tasse, fin dai tempi in cui suo padre era vicepresidente, a fronte di uno stipendio da parte di Burisma di circa 1 milione di dollari all’anno, per la precisione 83.000 dollari al mese, con tanto di fatture registrate.

Ma visto che ora è nientemeno che il New York Times a validare l’esistenza del laptop, allora oltre alla faccenda fiscale, ci chiediamo se tutto il materiale che per mesi e mesi ha continuato a girare sui siti (e tv)  di contro informazione trovi una sua legittima collocazione in quell’hard disk: immagini e video espliciti di Hunter Biden in atti sessuali e durante il consumo di droghe. Contenuti discreditati come propaganda, ma ora verosimilmente meglio identificati soltanto come “scomodi”.

Tucker Carlson, il famoso giornalista di Fox News, ha colto la ghiotta occasione per fare una puntata al veleno del suo show serale. “(…)Dopo averci detto che promuovevamo la disinformazione, poi all’improvviso il laptop infernale di Hunter Biden si è materializzato? Voi avete etichettato questa faccenda come falsa prima delle elezioni del 2020 come scusa per silenziarci tutti, per applicare la più feroce censura mai esistita.(…)”,

In effetti è andata proprio così. Lo scandalo sui Biden non è scoppiato in tempo per fermare le elezioni, tuttavia si ripresenta ora e diviene notizia battuta da giornali della informazione tradizionale. La concomitanza di eventi tuttavia è davvero interessante. Proprio adesso che l’attenzione del mondo è concentrata sull’Ucraina, si scopre (ufficialmente) che il figlio del presidente, Hunter Biden, aveva interessi economici astronomici in quella zona. Non solo. Si scopre anche che il figlio aveva presentato al padre uomini d’affari del posto.  Poi all’improvviso entrambi vengono colpiti dalle sanzioni russe.

Probabilmente la famiglia Biden aveva davvero pressanti ragioni per tenere nascosto il contenuto del laptop, visto che questo poteva testimoniare in maniera dettagliata gli affari di famiglia in Ucraina, che Joe Hoft, il direttore del Gateway Pundit,  in un’intervista ha definito “il bancomat personale della famiglia Biden”.

Quindi ora che Vladimir Putin ha piazzato sia padre che figlio nella sua  prestigiosissima  ed esclusiva lista nera, forse,  potremmo pensare che il contenuto di quel laptop lo conosca già?

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