Donne incinta nel bunker per proteggere i figli già venduti: così la multinazionale Usa rassicura i clienti del suo fiorente business (legale solo in Ucraina)

Utero in affitto: bunker alle ucraine per tranquillizzare gli europei

L’Ucraina è la capitale dell’utero in affitto in Europa: il video della multinazionale per rasserenare i propri clienti…

Di Lorenza Formicola dal blog di Nicola Porro

Qualche giorno prima che Putin iniziasse la sua “missione speciale” in Ucraina, la Biotexcom, colosso internazionale leader nella fecondazione assistita, pubblicava un video, tradotto in tantissime lingue, alquanto inquietante.

Il video della multinazionale

“Cari amici, la clinica Biotexcom è pronta a proteggere le madri surrogate, i nostri pazienti e i loro neonati anche in caso di aggressione da parte della Russia”, è così che inizia il filmato mentre viene ripreso l’arrivo dei pulmini Biotexcom. Infermieri e donne con port-enfant gialli e azzurri scendono scale, per finire inghiottiti sottoterra: è il bunker antiatomico che la clinica leader nella fecondazione assistita ha costruito per tenere al sicuro la sua merce più preziosa in Ucraina. Il consulente legale della clinica, con uno sguardo e modi robotici spiega perché stanno girando il video.

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E allora una ragazza si rivolge alla telecamera e inizia il tour, indica il bagno, le scatole del pronto soccorso, i sacchi a pelo, cibo in scatola, gli scaffali pieni e ordinati, stoviglie, tovaglioli, pannolini, le maschere antigas e le istruzioni per indossarle. “Il rifugio può ospitare 200 persone con tutti i comfort”, assicura mostrando una zona tappezzata da sacchi a pelo militari, letti materassi, “ecco tutto ciò che è necessario per un soggiorno confortevole”: “coperte, vestiti per i neonati, perché tutti abbiano il comfort necessario”, sullo sfondo si vedono le culle per i neonati e i lettini “per i bambini un po’ più grandi”. Le telecamere inquadrano bambini che bevono dal biberon, sereni, in braccio alle infermiere, mentre la ragazza mostra un fornelletto per cucinare “cibo caldo, tutto quello che vuoi”. Nel magazzino traboccante del necessario per la sopravvivenza viene mostrata solo un’uscita di emergenza. “Non possiamo fornirvi un servizio vip nel bunker, una cucina da chef e letti morbidi, ma possiamo garantirvi la sicurezza in qualsiasi situazione”. Si vedono coppie che riprendono il rifugio e si scattano qualche foto. Ai committenti a casa viene assicurato che hanno già esperienza di gestione di una crisi simile (quella del 2014) bisogna stare sereni, “vi chiediamo di mantenere la calma e stare sicuri che Biotexcom è pronta a garantire la vostra sicurezza”. Quella dei bambini comprati, s’intende.Riparo per i neonati (2022)

Kiev capitale dell’utero in affitto in Europa

video del colosso dell’utero in affitto s’era reso necessario, infatti, per rasserenare il mercato internazionale: che fine faranno i bambini ordinati e le madri surrogate con la guerra? E allora ecco il video dell’esercitazione e del trasferimento di surrogate.

Sono almeno dieci giorni che centinaia di avvocati, diplomatici, genitori, da tutto il mondo, sono al lavoro per difendere i propri interessi e fronteggiare la prima crisi internazionale della maternità surrogata.

L’Ucraina, infatti, è la capitale dell’utero in affitto in Europa e questo business, tra i tanti, è stato messo in pericolo dalla guerra. È la seconda destinazione più popolare dopo gli Stati Uniti (Michigan e la Louisiana restano gli unici Stati in America a proibire la maternità surrogata dietro compenso): si stima che circa 2.000-2.500 bambini nascano ogni anno attraverso la maternità surrogata in Ucraina, e almeno 1.500 coppie che vivono in Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda, Australia e Francia hanno embrioni conservati in cliniche ucraine.

Vi ricordate la coppia di italiani che, lo scorso autunno, dopo aver firmato un contratto con una madre surrogata e aver assemblato, stoccato, comprato la bambina, la abbandonò, perché non avevano più voglia di essere genitori? Avevano fatto tutto a Kiev. È quello il mercato più florido, più ambito.

In Ucraina ci sono oltre trentatré cliniche private e cinque cliniche statali. E nei giorni scorsi, la Biotexcom s’è vista costretta a rispondere a quanti si dicevano pronti a raggiungere l’Ucraina per mettere in salvo i loro preziosi embrioni e i feti che crescevano nelle pance delle donne contrattualizzate: “In tanti state esprimendo il desiderio di portare urgentemente le madri surrogate al confine e far partorire i bambini all’estero. Ma vi avvisiamo! Dare alla luce il bambino al di fuori dell’Ucraina è reato e avrà conseguenze legali: la surrogata sarà considerata sua madre e il tentativo di far nascere il bambino sarà considerato traffico di minori, non sarete mai i genitori del vostro bambino”.

Il business della Biotexcom

La Biotexcom ci aveva già abituati a video del genere. Più famoso è certamente quello della cerimonia di consegna dei figli del luglio 2020.  L’Ucraina è il Paese europeo più povero, e guarda caso uno dei pochi al mondo dove l’utero in affitto è legale. Si pensi che solo Biotexcom offre ai suoi clienti pacchetti da 29 fino a 50 mila euroUna madre surrogata ne guadagna circa 10 mila. Cifre ridicole se confrontate a quelle del mercato statunitense dove i pacchetti superano i 100.000 euro. In Ucraina, molte di queste donne affermano regolarmente di essere considerate “bovini”. Ma, dicono, di quei soldi hanno bisogno per crescere i loro figli. Ed è incredibile come, proprio dopo i lockdown la disponibilità di donne che affittano i propri uteri sia aumentata.

Come guarda l’Occidente ricco l’Ucraina e come guarda l’Ucraina l’Occidente?

Le immagini che la clinica leader nella fecondazione assistita ha diffuso mostrano anche tutto il cinismo di un mercato che deve a tutti i costi essere salvaguardato. Tutta l’ambiguità e le contraddizioni che la pratica dell’utero in affitto porta con sé. Non solo dal punto di vista etico, quanto anche da quello giuridico. Ed è incredibile come questi bambini preconfezionati siano scappati dalla narrazione dominante della guerra: hanno forse un valore diverso rispetto agli altri? Per loro le telecamere non devono arrivare a disturbare?

Per quelle donne sfruttate non c’è nessuno striscione? O forse quello non è sfruttamento?

Secondo Rich Vaughn, fondatore dell’International Fertility Legal Group a Ellen Trachman, del Tranchman Law Center di Denver, specializzato in diritto alla riproduzione assistita, l’Ucraina è oggi la prima fabbrica di bambini a buon mercato. Un territorio inesplorato anche per il diritto e quindi dove tante cose sono lecite oltre l’immaginabile. Tant’è che Vaughn, a poche ore dalla chiusura dello spazio aereo, suggeriva ai committenti, coppie o single che siano, di considerare “la possibilità di spedire gli embrioni fuori dal paese”.

Make Babies not war, così la clinica ha continuato, sui social, a diffondere il suo slogan, anche in queste ore, per rasserenare che le attività di maternità surrogata in Ucraina sarebbero proseguite con regolarità, “siamo grati a chi sta confermando i trasferimenti di embrioni” a Kiev. Quel che conta, insomma, è la temporanea sopravvivenza delle madri surrogate perché consegnino i bambini ordinati in tempo, nonostante la guerra. Un cinismo ostinato rivelatore di un mercato senza legge: Kiev è assediata anche dai “genitori intenzionali” (così si chiamano quanti hanno affittato un utero), non solo dai carri armati.

La copertura mediatica delle coppie che ricorrono alla maternità surrogata in Ucraina mentre la guerra esplode con una violenza senza precedenti è rivelatrice. Basti pensare alle due donne che alla televisione francese facevano un appello direttamente a Macron affinché permettesse loro di essere rimpatriate non appena le madri surrogate avessero partorito. Oppure alla coppia californiana che ha ripreso e postato sui social la corsa alla bambina, proprio mentre piovevano le prime bombe: le pressioni ai medici perché inducessero al parto, il foglio di dimissioni fatto firmare in anticipo nonostante la bimba chiedesse più tempo di osservazione, poi la fuga con il fagotto per le città in fiamme e la telefonata con l’ambasciata Usa che permettesse loro di superare il confine e lasciarsi alle spalle non solo la madre della bambina che hanno comprato, ma tutte le mamme e i bambini stipati dietro i cancelli con la speranza di superare anche loro il confine.

Nel 2015, dopo che India, Thailandia e Nepal hanno bandito la maternità surrogata per le coppie straniere, il mercato s’è trasferito in Ucraina, il che consente il processo per le coppie omosessuali e le donne single. Ormai paese popolare per la facile disponibilità di un numero elevato di donne pronte ad affittare il proprio corpo. Ma per la tutela di queste donne e per lo sfruttamento deliberato dei loro corpi non c’è nessuno che si scandalizza. Non ci sono manifestazioni: ci sono donne e donne, bambini e bambini.

Chi porterà mimose alle ucraine costrette ad affidare il proprio utero per sfamare i propri figli? E chissà cosa succederà dopo la guerra!

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