“Ho sfondato la porta per affrontare gli stupratori di mia figlia: piagnucolavano chiusi in bagno” a giudizio il padre di una ragazza assalita dal branco

Lignano Sabbiadoro, “Ho affrontato gli stupratori di mia figlia, piagnucolavano chiusi in bagno”.

L’uomo racconta: “Non è stata una spedizione punitiva, volevo vederli in faccia. Ho sfondato la porta: ho capito che erano insignificanti e ho aspettato la polizia”.

Il padre della 18enne che ha accusato cinque ragazzi di averla violentata li ha affrontati dopo che la figlia gli ha raccontato la sua versione della vicenda. Ora rischia una denuncia. La difesa: «Lei era consenziente».

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Cinque ragazzi tra i 17 e i 21 anni sono indagati per stupro di gruppo nei confronti di una 18enne a Lignano Sabbiadoro (Udine). Uno dei cinque accusati era l’ex fidanzato della ragazza; due sono veneti e vengono da Verona, altri due sono lombardi e il quinto è piemontese. Gli accertamenti della Squadra Mobile diretta dal vicequestore Massimiliano Ortolan sono in pieno svolgimento e cercano riscontri sulla ricostruzione della giovane, che si trovava in vacanza al mare con la famiglia. Ieri sono stati sequestrati i cellulari degli accusati: chat e video saranno passati al setaccio. Poi i magistrati chiederanno la prova del Dna.

L’accusa di stupro di gruppo a Lignano Sabbiadoro

Intanto il padre della ragazza racconta oggi al Corriere della Sera e a La Repubblica di aver affrontato gli accusati dopo che la figlia gli ha raccontato l’accaduto: «Stavamo rientrando dalla spiaggia, ero ancora in costume e con le infradito ai piedi e non avevo il telefonino con me. Avrei voluto chiamare le forze dell’ordine, ma dopo un attimo di incertezza, ho chiesto a mia figlia di accompagnarmi all’appartamento». E ancora: «Quando ho aperto a spallate la porta, dopo avere suonato e bussato invano, si sono chiusi nel bagno. Piagnucolavano, supplicandomi di andare via e minacciandomi di chiamare la polizia e ho capito di trovarmi di fronte a persone insignificanti. Ho lasciato stare, come mi consigliavano i condomini, e ho aspettato gli agenti». L’uomo dice di essere «consapevole che potrei essere denunciato perché ho violato la proprietà privata. Ma non mi preoccupo di questo. Non è nemmeno vero che avrei voluto farmi giustizia da solo. Mia figlia mi aveva raggiunto in spiaggia. Era stravolta. Mi ha raccontato, avrei voluto chiamare la polizia, ma ero senza il cellulare. Quando sono arrivate le forze dell’ordine un poliziotto mi si è avvicinato. Ero stravolto, fuori di me, disperato. Lui si è avvicinato e ha detto “mi metto nei suoi panni, capisco”. Mi sono sentito meno solo, meno triste. Voglio soltanto che mia figlia… lei parla, ci parla, ma cerchiamo di non crearle ansia. Sì, confido nella giustizia».

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  1. Ah ah ah… anch’io avrei “confidato nella giustizia”:
    “Lei è accusato di aver CASTRATO a CALCI questi giovani Santi ed Immacolati”
    “Signor Giudice Supremo di questo (patetico) Stato (dittatoriale): gli stupratori di mia figlia, non sono NEGRI ne IMMIGRATI, non sono nemmeno COMUNISTI di mmmerda da centrosociale, dunque ho ritenuto LEGITTIMO prenderli a calci nei cojoni… non c’era certo la volontà di uccidere, colpendoli in quel punto.”
    “Va bene… compagno… ASSOLTO”.

  2. Qua ci vuole tanta pulizia a cominciare da subito. Questi sono gli effetti del permissivismo e dall’impunità della corruzione sparsi per consenso elettorale da piddioti e affini.

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