Quirinale, la buffonata continua e l’unico che ride è Mario Draghi: ha capito che entro breve saranno costretti ad eleggerlo

Si velocizza la corsa al Quirinale. Se alla vigilia delle votazioni i possibili candidati resistevano almeno lunghe ore, per poi essere impallinati magari la notte o il mattino dopo, ieri non si faceva in tempo manco a proporli, che nel giro prima di qualche mezz’ora e alla fine addirittura qualche minuto venivano infilzati. Sono così nate, cresciute e rapidamente tramontate le candidature di Silvio Berlusconi, Andrea Riccardi, Carlo Nordio, Letizia Moratti, Maria Elisabetta Casellati, Antonio Tajani, Marcello Pera, Elisabetta Belloni, Franco Frattini, Giulio Tremonti, Pierferdinando Casini e l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

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Basta semplicemente essere lanciati in volo per essere due secondi dopo colpiti sia dal fuoco nemico che da quello amico che magari non ti aspettavi nemmeno. Sembra di assistere a un rito voodoo, su cui oggi scherziamo nel fotomontaggio di copertina, mettendo lì anche il beneficiario finale: l’attuale premier Mario Draghi che sulla carta nessuno vuole al Quirinale, ma che alla fine diventa sempre di più il muro in cui si andrà a sbattere. Naturalmente il povero Draghi non c’entra nulla con autorevoli personalità infilzate: il presidente del Consiglio è lì fermo in attesa di eventi che non dipendono da lui. Ma c’è un partito trasversale di suoi sostenitori che una mano a infilzare ora quello ora quell’altra la sta dando all’interno di ogni partito, magari versando benzina su quel focherello che si vede provvidenzialmente acceso.

Intendiamoci, i partiti e i loro leader hanno una bella responsabilità nel produrre il caos a cui stiamo assistendo anche perché sulla carta ci sono due schieramenti l’un contro l’altro armato, in realtà le contrapposizioni sono anche e soprattutto interne alle stesse coalizioni o addirittura ai singoli partiti.

Di sicuro in questo modo un nuovo presidente della Repubblica non si riesce ad eleggere, tanto è che ieri dopo quattro giorni buttati via si era tornati al punto di partenza: un bis di Sergio Mattarella (che non lo vuole e l’ha fatto capire e detto apertamente in ogni modo) o appunto Draghi, con tuttii problemi sul governo che comporta il suo trasloco al Colle. 

Enrico Letta l’altro giorno ha avuto una buona idea: chiudiamoci tutti in conclave a pane ed acqua, e non ne usciamo fin quando non si trova il nuovo presidente della Repubblica. Solo che lui ha in mente i conclavi che si fanno da lustri nel centrosinistra per ripulirsi l’anima in qualche abbazia  dove c’è il pane, l’acqua, ma pure vino e prezioso companatico. Passano ore e giorni a fare discussioni infinite che gratificano gli oratori, danno a tutti la convinzione di avere contribuito a risolvere i problemi del mondo e in realtà terminano con un nulla di fatto. Ecco, quel tipo di conclave è la scelta più inutile del mondo. Ma prendere esempio dal metodo originale, quello dei cardinali è una buona idea. Non è manco il caso di chiudersi chissà dove lontano dai riflettori bloccando per altro le votazioni in aula e perdendo altro tempo. Ma per eleggere il Papa i cardinali mica si baloccano con le schede bianche o perdono tempo in lunghe discussioni: no, fanno la cosa più semplice del mondo: votano nomi di papabili. Scrutinio dopo scrutinio si capisce se il conclave ha o meno una preferenza e se magari ci si trova progressivamente davanti a un possibile ballottaggio. Non si fanno accordi prima, si vota. Se non c’è la soluzione necessaria si bruciano le schede, non i nomi. Perché quelli che hanno più possibilità di farcela non si abbandonano, e continuano ad essere votati nella speranza che qualcun altro si unisca al gruppo.

Ecco è quel metodo che finalmente ha scelto nella notte di utilizzare il centrodestra che ha più voti degli altri sulla carta: iniziare a votare un nome, che è poi il lavoro che devono fare i grandi elettori. Ma non lo abbandonino se come è certo alla prima scelta non avrà la maggioranza: insista, magari costringendo gli altri a fare la stessa cosa se sono capaci di mettersi d’accordo su qualcuno (e ne dubito). Può essere che di votazione in votazione quella candidatura cresca come accade nei conclavi, o magari che perda terreno e allora ci si renderà conto che bisognerà provare a votare qualcun altro. Questo farà vedere agli italiani che si hanno frecce vere e non chiacchiere al proprio arco, e che in questi giorni si compie il proprio dovere. Così un presidente si troverà. Almeno si prova seriamente a farlo.

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