di Gianluigi Paragone
Un regalo niente male, quello fatto negli ultimi anni agli editori che si sono trovati ad affrontare una crisi della carta stampata di dimensioni via via sempre più grandi. Un settore sempre più in difficoltà e segnato da scandali e che ha visto scaricare costantemente sulle spalle dello Stato il costo del pensionamento anticipato dei giornalisti. Come rivelato dal Fatto Quotidiano, dal 2009 in poi i costi per mandare a casa anzitempo i giornalisti hanno iniziato a esare in gran parte sui conti pubblici. Da allora, infatti, “lo Stato ha finanziato il 70% dell’onere complessivo dei prepensionamenti, regalando agli editori una comoda via d’uscita per ristrutturare i costi aziendali. Un regalo incredibile per i manager delle varie aziende editoriali, che hanno potuto approfittare dell’incredibile generosità della mano pubblica.
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Complessivamente, tra il 2009 e il 2019 sono stati prepensionati oltre 1.100 giornalisti, con lo Stato che ogni anno ha contribuito con suoi finanziamenti a rottamare i giornalisti più in là con gli anni. Ogni pre-pensionamento è pesato almeno per 350 mila euro sulle casse pubbliche. Fino a tutto il 2019, quindi, il peso è stato di 385 milioni di euro, il 30% a carico degli editori e il 70% finanziato dallo Stato con una spesa complessiva di 270 milioni.
Oggi, il governo Draghi ha dato il via libera a un nuovo giro di prepensionamenti, con stime che parlano di oltre un centinaio di fuoriuscite per un costo di oltre 300 milioni di euro per lo Stato. Il gruppo Monrif che con Editrice nazionale pubblica La Nazione, Il Resto del Carlino, Il Giorno e Qn, ha già avuto via libera per 37 prepensionamenti. Altri gruppi sono in attesa dell’ok definitivo. Il rischio, insomma, è che la spesa pubblica finale sia addirittura molto, molto più alto.